“Abbiamo il dovere di abbattere le barriere mentali”
Intervista alla nuova sovrintendente scolastica tedesca Sigrun Falkensteiner
“La società mistilingue è già realtà, occorre una mente aperta e spensierata”
di Monica Margoni
A giugno finisce la scuola, è tempo di bilanci. Se si pensa che i nostri genitori avevano un solo libro a disposizione da cui imparare, oggi le fonti e le informazioni si sono moltiplicate a dismisura.
Ai ragazzi si chiede forse un po’ troppo, in termini di contenuto, si fa molta meno attenzione a come si utilizzano poi i contenuti, cosa se ne fa, a cosa servono. Ne abbiamo parlato con Sigrun Falkensteiner, la nuova sovrintendente scolastica di lingua tedesca: in carica da tre mesi, è convinta che, anche se il sistema scuola è un sistema complesso che cambia lentamente, prima di tutto non si devono perdere di vista i ragazzi, le persone.
E prima di cambiare qualcosa, occorre chiedersi se lo facciamo per loro.
Come cambia la scuola in relazione ai contenuti e alle competenze?
Come orientamento valgono le competenze chiave europee, che sono la comunicazione nella lingua madre e nelle lingue straniere, la competenza matematica e competenze base in campo scientifico e tecnologico, la competenza digitale. Ma l’alunno deve anche imparare ad imparare, acquisire competenze sociali e civiche, accrescere una consapevolezza ed espressione culturale, sviluppare un senso di iniziativa ed imprenditorialità. Dal 2019, nelle scuole elementari e medie, ci sarà una certificazione delle competenze sociali, civiche e digitali. Lo prevede lo Stato, ma noi, per il fatto che siamo una Provincia autonoma, possiamo apportare modifiche. Noi, per esempio, dobbiamo tener conto anche delle competenze nella lingua L2. Per quanto riguarda le superiori, invece, ci sarà un curriculum dello studente, tipo portfolio, che certifica l’intero percorso, dall’alternanza scuola-lavoro al lavoro estivo, dal volontariato al diploma di musica.
E cosa sta cambiando per gli alunni e per gli insegnanti?
Diventano sempre più importanti l’autonomia dell’alunno e quindi anche la responsabilità, e la capacità di cooperare con gli altri. Essere autonomi non è essere liberi, è essere capaci di prendere delle scelte, di valutare. Sarebbe più facile seguire un programma, diventare autonomi significa rimboccarsi le maniche e mettersi in gioco. Occorre più tempo per discutere, riflettere, ragionare: i ragazzi devono imparare a fare ricerca (in tedesco “Lernlandschaft”). L’insegnante offre spunti agli alunni affinché elaborino da soli, imparino ad imparare. Col programma l’insegnante ha più sicurezza. Ma dovrà perdere un po’ di controllo e dare la libertà agli alunni di fare il percorso, fare un passo indietro, osservare, dare spunti, fungere da coach. Non relatore ma osservatore, un amico critico. Ci sono molte vie diverse per arrivare ad un risultato, non una sola. È una novità questo atteggiamento. E questa è una scuola che serve alla vita.
L’articolo completo è disponibile sul numero di giugno di METROpolis – Cultura & Sociale a Bolzano, in vendita in tutte le edicole di Bolzano e in abbonamento.