Margareth Lun: vi spiego la mia Heimat
Dialogo con la storica degli Schützen sul periodo delle bombe, i relitti fascisti, toponomastica, convivenza e sull’ex marito Peter Paul Rainer – Sull’ex marito e l’omicidio Waldner: “Eravamo sposati da soli cinque mesi. Ogni giorno scoprivo cose incredibili sul suo conto: credevo di essere in un film” – Sui cappelli piumati: “Gli Schützen non sono anti-italiani”
di Paolo Florio
Nella nostra provincia, così ricca di contrasti linguistici e culturali che per certi versi creano muri e per altri creano straordinarie occasioni di crescita, c’è una cosa da cui non si può prescindere: l’ascolto. L’ascolto dell’altro, perché qui non esistono buoni o cattivi, e la storia non può essere guardata solo attraverso un’unica lente. Sarebbe troppo semplice. Da quasi 100 anni a questa parte (il Trattato di Saint-Germain-en-Laye risale al settembre 1919) le tensioni tra i due principali gruppi etnici della provincia di Bolzano non sono di fatto mai cessate, toccando talvolta vette tragiche come durante l’epoca fascista o, seppur in maniera sicuramente minore ma pur sempre cruenta, durante gli “anni delle bombe”, dal BAS a Ein Tirol, dal 1956 al 1988. Di questo, e di tanto altro, abbiamo discusso con Margareth Lun, insegnante di Storia e Tedesco ad Appiano, storica e referente culturale del Südtiroler Schützenbund, per cercare di capire – appunto – l’altro punto di vista. È stata una discussione sicuramente arricchente, e che lo sia stato da ambo le parti è ancora più positivo.
Margareth Lun, quando ha iniziato ad occuparsi del periodo delle bombe?
Stranamente fino alla maturità, nel 1989, non mi ero mai confrontato con questo tema. A scuola era un tabù e ho cominciato a prenderne conoscenza solo all’università. Dopodiché ho scritto un libro sul grande raduno del 1957 a Castelfirmiano, che è stato il punto di partenza di quello che poi sarebbe successo negli anni Sessanta. Io credo che se lo Stato avesse preso in maggiore considerazione quella dimostrazione, forse la “Notte dei fuochi” (tra l’11 e il 12 giugno 1961 furono fatti saltare 42 tralicci dell’alta tensione mediante l’utilizzo di 350 ordigni ndr) avrebbe potuto essere evitata. In quegli anni il governo italiano si comportava come ai tempi del fascismo: proseguiva l’italianizzazione di Bolzano con l’ampliamento della zona industriale. Addirittura il sindaco di Bolzano apprese con un telegramma dal ministro che sarebbero state costruite altre 5.000 case per meridionali. Fu la goccia che fece traboccare il vaso...
L’articolo completo è disponibile sul numero di marzo di METROpolis – Cultura & Sociale a Bolzano, in vendita in tutte le edicole di Bolzano e in abbonamento.