La Chiesa di oggi spiegata da don Paul Renner
La realtà ecclesiale in trasformazione, le sfide della quotidianità, i nodi ideologici irrisolti, migranti e Islam, divorziati, sessualità e tanto altro
di Tiziana Buono
Rapporti prematrimoniali, adozione di sistemi anticoncezionali, accesso dei separati e divorziati ai sacramenti, immigrazione, suicidio, droga: sono solo alcuni dei temi discussi nel corso di una lunga intervista con don Paul Renner, figura notissima nel panorama religioso non solo locale ma anche nazionale.
Don Renner, come valuta oggi la Chiesa i rapporti sessuali prima del matrimonio?
La gerarchia ecclesiastica raccomanda di prepararsi al matrimonio conservando l’integrità fisica (la verginità) quale premessa di una donazione totale di sé al coniuge. La Chiesa, intesa quale popolo di Dio, assume atteggiamenti diversificati, che comprendono anche la preferenza verso un periodo di prova prematrimoniale.
Come reputa la scelta della convivenza in luogo del matrimonio?
La convivenza non è una condizione necessaria e indispensabile. Scegliere questa via è come partire senza aver finito di realizzare una nave e senza vedere quale lido essa intenda raggiungere. Il rapporto tra uomo e donna è una costruzione progressiva tappa dopo tappa, frutto di una maturazione quotidiana. L’interazione deve essere autentica. La virtù principale per la coppia non è l’amore ma la verità, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti importanti della vita assieme. Altrimenti si covano rancori e tensioni che prima o poi esploderanno.
Sui separati e divorziati sembra che la Chiesa abbia di recente aperto uno spiraglio. È così?
Nell’esortazione “Amoris Laetitia” papa Francesco parla dei rapporti dei pastori con le coppie che vivono situazioni “irregolari” (separati o divorziati risposati). Si deve precisare che “irregolarità” non significa in automatico “stato di peccato”. I separati e i divorziati possono di norma accedere alla Comunione. Diversamente, per i separati o divorziati risposatisi secondo rito civile, si deve valutare caso per caso: non devono fare la Comunione, ma possono riceverla se ritengono in loro coscienza di non vivere in stato grave di peccato e dunque di poter accedere a tale sacramento.
In quali fattispecie concrete i singoli individui possono ritenere di avere la “coscienza a posto” per poter accedere alla Comunione da separati o divorziati risposati?
Il Papa ribadisce che i casi sono molto diversi. Ad esempio è la situazione di una persona che è stata ingannata, sfruttata e lasciata in malo modo. Quando i comportamenti dei divorziati risposati non danno scandalo per la comunità, non sono contro l’etica e non si rivelano palesemente indegni possono sentirsi in coscienza di ricevere i sacramenti. Non deve mai mancare il senso della misura.
Chi invece non può in alcun caso prendere la particola?
Chiunque sia fuori della Chiesa: ebrei, musulmani, testimoni di Geova per via di una diversa scelta religiosa. E anche le persone ufficialmente escluse dalla Chiesa per via di scomunica, quali per esempio i mafiosi.
A proposito di mafiosi: tanti anni fa suscitò polemiche il fatto che Totò Riina avesse potuto accostarsi all’eucarestia. Non di meno si ripetono, anche di recente, episodi di sacerdoti che durante le processioni fanno “inginocchiare” o consentono ai portantini di far “inginocchiare” la statua della Madonna, di Gesù o di santi davanti alle case dei malavitosi. Cosa ne pensa?
Sono squallidi atti di sottomissione ai boss, condannati in modo deciso dai vescovi.
Per quanto concerne i preservativi la Chiesa ha manifestato da sempre la sua contrarietà, nonostante la diffusione di malattie infettive come l’AIDS. Lei ritiene che tale posizione intransigente debba essere superata?
La Chiesa è realista. Già papa Benedetto XVI aveva ammesso l’uso di profilattici nell’ambito dei rapporti con prostitute o prostituti al fine di garantire la salute delle persone. Al di fuori di questo contesto di promiscuità, ogni individuo ha il diritto di pianificare la politica familiare e di usare secondo la propria coscienza il metodo anticoncezionale più rispettoso della propria sensibilità. Per quanto concerne le ragazze, specie delle scuole superiori, le invito sempre alla prudenza, in particolare a non usare leggerezza nell’esprimere la propria genitalità, ma ad adottare le adeguate cautele del caso, affinché non si verifichino gravidanze indesiderate con relativi dubbi sul da farsi.
In tema di aborto, come è giusto secondo lei che i sacerdoti si rapportino con le donne che hanno assunto tale decisione?
Non si deve condannare la persona, ma l’azione che rimane esecrabile. La vita della creatura non venuta alla luce è certo rifiutata, ma non può dirsi annullata, poiché continua a vivere in Dio. La colpevolizzazione della donna è atto sterile. Si deve invece puntare all’invito alla riflessione ed alla ricerca del perdono divino. Chi sopprime una vita nascente riporta strascichi pesanti, quali rimorsi e condizionamenti di varia natura. A fatto ormai compiuto il confessore deve aiutare la donna a superare la crisi che di solito ne segue.
Nei casi di stupro predicare il divieto di aborto pare a molti arduo e non giustificato. Lei è d’accordo?
Non è giusto che la violenza dell’adulto ricada su un bambino, che non ha nessuna colpa. Le donne devono ricevere ogni sostegno economico, morale e psicologico affinché possano in ogni caso mettere al mondo un figlio e poi permettere che ad occuparsene siano famiglie adottive o affidatarie. Alcuni monasteri hanno ripristinato ruote riscaldate, dove le madri possono in modo anonimo deporre il pargolo che verrà accolto, curato e poi destinato ad una famiglia adeguata.
Molte famiglie non si confrontano solo con lacerazioni interne scaturenti da separazioni o divorzi, ma anche col dramma della droga. Alcuni portano avanti la battaglia per legalizzare la cannabis. Che ne pensa?
No, la cannabis non si deve legalizzare. Non esistono droghe “leggere”. La personalità di molti è stata distrutta in modo irreparabile dopo aver fumato spinelli. I danni sono incalcolabili. Lo so perché collaboro da anni con Mondo X, la comunità fondata da padre Eligio Gelmini.
Si affievolisce il sentimento religioso, specie fra i giovani, che frequentano sempre meno le parrocchie. Alcune persone, di qualunque età, giungono anche a chiedere il cosiddetto sbattezzo. Che significato riveste tale atto? Quali le ricadute concrete?
Semplicemente, in caso di richiesta si annota nel registro dei battezzati la determinazione del richiedente. Tuttavia, il battesimo è una sorta di tatuaggio dell’anima non rimovibile, che quindi non potrà mai e poi mai essere eliminato con efficacia retroattiva. La richiesta di sbattezzo è un gesto dalla forte portata simbolica che esprime la volontà di troncare ogni rapporto con la Chiesa. Ad ogni modo, ci si può distanziare dalla Chiesa anche senza chiedere lo sbattezzo. Osservo che in passato tale atto poteva trovare ancora una giustificazione e un senso, considerato lo stile duro e negativo della Chiesa, le sue crociate belliche ed ideologiche, il suo atteggiamento contro la scienza, ma oggigiorno la Chiesa è una delle poche istanze mondiali che tutela i diritti di ogni uomo in ogni Paese…
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