GAIA, la visione distopica di Kerschbaumer
Il 22 febbraio al Teatro Comunale prima assoluta della composizione che racconta di un'astronave che cade sulla Terra ormai disabitata
di Mauro Franceschi
Hannes Kerschbaumer, compositore, è l’autore di “Gaia-una visione distopica”. L'abbiamo incontrato negli spazi del Teatro Studio di piazza Verdi, durante l'allestimento della scenografia dello spettacolo prodotto dalla Fondazione Haydn, che avrà la sua prima giovedì 22 febbraio con replica il 24 sempre alle ore 20.
Proviene da una famiglia di musicisti?
I miei genitori non erano musicisti di professione, suonavano per hobby. Sia io che mia sorella eravamo affascinati dalla musica, poi a 16 anni ho scoperto che la composizione mi interessava di più rispetto all’interpretazione.
Quando ha pensato di intraprendere la carriera di compositore?
Non ho “voluto” fare carriera di compositore, ero semplicemente molto affascinato dal suono come mezzo di espressione. Col tempo, quando ho iniziato a ricevere diverse commissioni, ho constatato che di questa mia passione ne avrei potuto fare un lavoro e nel 2004 a Graz mi si è aperto il mondo della professione.
Ci sono suoi insegnanti o figure di musicisti che vuole ricordare?
Due nomi: Pierluigi Billone e Giorgio Netti. Billone è un compositore che vive a Vienna, è stato anche mio insegnante. Quando ho sentito per la prima volta la sua musica ne sono rimasto colpito, era per me una musica nuova. Netti vive a San Giovanni Rotondo, è un compositore che mi ha influenzato, in particolare un suo brano per solo sax di settanta minuti mi ha molto affascinato.
Gaia è il suo primo lavoro di teatro musicale?
No, è il terzo. Nel 2009 ho composto “Buio” per l’Opera di Graz, nel 2015 “Luce nera” per Klangspuren.
Nelle note di presentazione leggiamo che in Gaia si racconta di “un’astronave che parte in missione verso un pianeta lontanissimo, ma per cause ignote, dopo secoli, cade frantumandosi proprio sulla Terra, diventata ormai un deserto disabitato”. Qual è il tema del suo lavoro?
Il tema è il rapporto tra uomo e terra. Mi ha ispirato il film di Peter Geyrhalter “Homo sapiens”: 90 minuti di immagini senza dialoghi o attori, riprese di luoghi dove l’uomo non può più vivere, come Cernobyl e Fukushima. L’emozione che comunica è quella della tristezza e della solitudine di un mondo senza uomo. Con i mezzi del teatro e il suono ho voluto mettere in scena queste emozioni. Anche in Gaia non vi è una vera e propria narrazione, è piuttosto una visione, un sogno. L’attrice in scena crea una relazione con le sculture, simboli e ricordi della civiltà umana…
L’articolo completo è disponibile sul numero di febbraio di METROpolis – Cultura & Sociale a Bolzano, in vendita in tutte le edicole di Bolzano e in abbonamento.