Casa Sara, per aiutare il processo di integrazione
La struttura di Oltrisarco della Caritas accoglie fino a 24 richiedenti asilo La responsabile: “Venite a conoscerci, tra gli ospiti ci sono tanti talenti”
di Veronica Tonidandel
“Venite a conoscere le nostre strutture!”, è l’invito di Carmela Nevano, responsabile delle Case di Caritas per l’accoglienza dei richiedenti asilo politico di Bolzano. Laureata in Sociologia indirizzo antropologico, si occupa di migrazione e profughi da molti anni. L’abbiamo incontrata per approfondire questa tematica e conoscere meglio Casa Sara, una struttura di accoglienza di Oltrisarco.
Iniziamo chiarendo qual è la differenza tra migrante e richiedente asilo…
Per migrante si intende una persona che lascia il proprio Paese principalmente per motivi economici o per migliorare la propria condizione di vita. Le persone che fanno richiesta d’asilo, al contrario, scappano dal proprio Paese perché la loro vita è a rischio per instabilità politiche o guerre. Per ottenere l’asilo i richiedenti vengono valutati da una Commissione territoriale, la quale pone una serie di domande per capire se nel loro Paese rischiano effettivamente la vita oppure no.
Come si attiva Caritas per aiutare i richiedenti asilo?
La procedura per ottenere l’asilo politico è lunga e complessa. Uno dei nostri compiti è quello di cercare di spiegare con chiarezza cosa è necessario fare per ottenere tale riconoscimento. Molte persone non hanno idea di cosa sia la richiesta d’asilo. Cerchiamo di informarli sugli aspetti giuridici, spieghiamo i passaggi da compiere e li aiutiamo a prepararsi per l’intervista della Commissione. Durante il periodo d’attesa Caritas accoglie i profughi presso le proprie strutture, come Casa Sara.
Ci parli di Casa Sara…
La struttura nasce nel 2011 durante il periodo della Primavera Araba, con lo scopo di ospitare i profughi provenienti dal Nord Africa. Si trova a Oltrisarco, in via Castel Weinegg, all’interno della Casa del Giovane Lavoratore. È una struttura molto piccola, in grado di accogliere al massimo 24 persone. Gli ospiti, per una decisione legata alla conformazione dell’edificio, sono tutti maschi e provengono principalmente da Pakistan, Nigeria, Gambia e Costa d’Avorio.
Come li aiutate a integrarsi con la popolazione autoctona?
La lingua è il presupposto base per l’integrazione. Cerchiamo fin da subito di inserirli in corsi di lingua italiana o tedesca. Abbiamo avuto ospiti particolarmente brillanti che sono riusciti a seguire parallelamente i due corsi. Quando raggiungono un buon livello linguistico, attiviamo la ricerca lavoro. Inizialmente si cercano stage o attività di volontariato. Riteniamo queste attività molto utili, perché rappresentano un’opportunità di sperimentarsi in un ambiente lavorativo protetto, possono capire come si lavora qui e qual è il modo di relazionarsi con un’eventuale datore di lavoro. In questo modo si creano una rete sul territorio e molto spesso, finito lo stage, molti vengono assunti. Infine, quando ricevono un esito positivo dalla Commissione, che permette loro di restare sul territorio, attiviamo la ricerca alloggio. Per noi è molto importante assicurarci che chi esce da Casa Sara abbia una casa dove vivere.
Cosa fanno nel tempo libero?
Proponiamo un calendario di attività e, soprattutto, cerchiamo di coinvolgerli nelle iniziative cittadine come ad esempio manifestazioni, eventi culturali o sportivi. Ognuno può decidere liberamente se partecipare o meno. Noi crediamo che queste attività possano favorire l’integrazione e l’ampliamento della loro rete di conoscenze.
A che punto è l’Alto Adige nel settore dell’accoglienza?
Dal mio punto di vista a Bolzano c’è una buona organizzazione e le cose funzionano bene. Sono arrivata qui nel 2009, dopo un’esperienza lavorativa in Campania e un tirocinio a Berlino, e secondo me sono stati fatti grandi passi in avanti da allora. Apprezzo molto la presenza delle istituzioni e la possibilità di dialogo nel territorio. Secondo il mio modesto parere…
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