In superficie diversi, ma nell’animo siamo uguali
Da migranti a cittadini, l’associazione Donne Nissà li sostiene nel percorso. Lingua e empowerment: così le donne di altre culture diventano autonome
di Monica Margoni
Arrivano da continenti e Stati talvolta molto lontani, lasciano il proprio paese a causa di guerre, invasioni, rivolte, catastrofi naturali o per motivi meno urgenti, per poi trovarsi a vivere in una realtà per tanti aspetti tutta da conoscere. Ci sembrano molto diversi per lingua, cultura, religione e di fatto lo sono. Abbiamo però le stesse paure, gli stessi bisogni, problemi e sogni.
È con questo approccio che l’associazione Donne Nissà si propone come luogo di incontro, aggregazione, scambio tra persone di altre culture e autoctone. La coordinatrice Leila Grasselli ci racconta gioie e fatiche di un lavoro il cui risultato nell’immediato forse non si vede, ma che risulta utile a lungo andare, se l’obiettivo è quello di costruire una comunità dove tutti si possano sentire “a casa”.
Il vostro obiettivo è quello di rendere le persone di altre culture, soprattutto donne, capaci di gestire la propria vita, di sviluppare competenze, partecipare attivamente alla vita sociale. Ci si riesce davvero?
Non si riesce dall’oggi al domani, ma con tanta pazienza e tempo. Donne Nissà accompagna e orienta le donne, le rende consapevoli delle loro forze e capacità, perché possano disporre di strumenti per migliorare e rafforzare la propria vita. Puntiamo anche sulla cittadinanza attiva, è una dimensione essenziale per ogni persona, tanto più per le donne immigrate, che spesso arrivano da Paesi in cui alla donna non è chiesta una partecipazione alla vita pubblica. Si rischia che, una volta nel nuovo territorio, si ripropongano le stesse dinamiche passive. Organizziamo diversi incontri nei vari centri della provincia: le donne hanno la possibilità di avere un contatto diretto con gli enti territoriali e questi hanno la possibilità di comunicare con gruppi culturali difficilmente raggiungibili.
Dal corso di lingua la donna viene coinvolta e poi partecipa anche a tutte le altre iniziative e pian piano trova il suo posto nella nuova realtà: offrire dei servizi in modo trasversale è risultato vincente?
Offriamo un ampio spettro di possibilità, alle donne richiedenti asilo e non, da poco arrivate o chiuse all’interno del proprio gruppo familiare e culturale e con poche possibilità di contatto con il territorio. Si va dai corsi di lingua tedesca alla formazione professionale, fino agli incontri per capire meglio il territorio come per esempio nei consultori, sui temi del ciclo mestruale o della contraccezione. Non mancano nemmeno i momenti di socializzazione, come incontri per conoscere la cultura locale o le attività manuali come laboratori di ceramica o la tessitura partecipata di un tappeto. Ci occupiamo delle donne, dei bambini col Centro Mafalda e delle famiglie, che hanno bisogno di essere sostenute nella genitorialità nei confronti dei figli adolescenti, che possono avere i problemi di chi si sente sospeso fra due culture e sperimenta una pluralità di appartenenze...
L’articolo completo è disponibile sul numero di marzo di METROpolis – Cultura & Sociale a Bolzano, in vendita in tutte le edicole di Bolzano e in abbonamento.